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TRAVI LAMELLARI


 

Cenni storici

Dal punto di vista storico il legno lamellare nasce col fine di superare i limiti dimensionali del tondame dal quale si ricavano le travature. Da un solo fusto è infatti impossibile ottenere elementi di sezione e lunghezza necessarie a consentire la copertura di luci libere di 20-30 metri. Inoltre il portamento tipico dei fusti non consente di ottenere travi curve, o della curvatura voluta, di sezione sufficiente.

Al primo problema si è ovviato storicamente tramite la realizzazione di travi composte più o meno effettivamente collaboranti, ad esempio tramite giunzioni a dente di sega. Quest’ultima soluzione, la cui prima intuizione si fa risalire a Leonardo, è attuabile con semplicità, ed è stata frequentemente utilizzata nel caso di membrature orizzontali, quali ad esempio le catene, che devono superare ampie luci.

Il secondo problema fu affrontato per la prima volta, a memoria, nel XVI secolo, quando si sviluppò nei costruttori l’idea di utilizzare il legno mediante assemblaggio di varie parti per ottenere centine ed archi. Il primo tentativo concreto a cui si sappia dare paternità è stato quello di Philibert Delorme in Francia, il quale riuniva mediante chiodatura più tavole in strati sovrapposti dando approssimativamente la forma dell’arco voluto, quindi profilando con una sega l’estradosso. Le tavole mantengono la loro planarità e la trasmissione dei carichi è affidata essenzialmente alla tenuta della chiodatura. Il passo successivo è stato compiuto da Emy nel 1823, realizzando archi mediante chiodatura di tavole unite in pacchi con bulloni passanti. In seguito, prima Migneron e poi Wiebeking, misero a punto un sistema che prevedeva un arco con lamelle formate da travi curvate a freddo e tenute a pressione da staffe metalliche, ma a differenza del francese Migneron, nel sistema ideato da Wiebeking, il bloccaggio delle travi era assicurato da biette in legno che assorbivano le possibili tensioni di scorrimento.   Infine, nel 1905, con lo sviluppo dei collanti, Hetzer iniziò ad applicare la tecnica che ha portato alle attuali strutture in legno lamellare incollato.

In Italia, l’introduzione del legno lamellare come sistema costruttivo alternativo è storia recente e ha avuto inizio nella regione alpina che per tradizione storica possiede una solida cultura del legno, in Alto Adige. E’ soprattutto in Val Pusteria, intorno al 1960, che il lamellare, importato dalla vicina Austria, fa la sua prima comparsa. Viene utilizzato soprattutto nella ricostruzione dei fienili dove è impiegato per sostituire le grandi travi di colmo, introvabili, sul mercato, in legno massello.

Questa moderna tecnologia di utilizzo del legno, consiste nella divisione del tronco in tavole, essicate ed assortite in qualità, giuntate di testa a formare le “lamelle” calibrate in spessore (di norma intorno ai 33 mm). Infine, disposte a pacchi e tra loro incollate a formare le travi, elementi strutturali compositi di dimensioni, sezione e caratteristiche geometriche svincolate dalla geometria iniziale del tronco.
Le caratteristiche di resistenza meccanica sono superiori a quelle del legno massiccio da cui provengono, grazie alla scelta delle tavole ed alle eliminazioni di tutti quei difetti non compatibili con l’uso strutturale, nonché all’uso di collanti sintetici ad elevata resistenza, sia meccanica che nel tempo.

Affinché si possa parlare di travi in legno lamellare, si deve essere in presenza di più di due tavole incollate tra loro, lo spessore delle lamelle di regola non dovrebbe superare i 40 mm e la larghezza i 220 mm. Nel caso che la larghezza superi tale misura si dovrà procedere ad utilizzare tavole tra loro accostate (procedimento che tuttavia non può essere agevolmente utilizzato nei moderni cicli produttivi automatizzati) oppure snervate tramite fresature longitudinali. La lunghezza degli elementi costruttivi non è limitata, se non da problemi di produzione (predisposizione degli stabilimenti con spazi ed attrezzature idonee), di trasporto e di montaggio. La dimensione in altezza della sezione è condizionata dagli stessi fattori suddetti, in Italia di regola non si supera i 2,20 metri.

Con il sistema costruttivo in legno lamellare, applicato su vasta scala nel secondo dopoguerra, grazie allo sviluppo ed all’affidabilità raggiunta dai collanti, è possibile realizzare travature in legno a sezione piena di diverse misure, di lunghezze notevoli ed anche curvate. Il tutto con crescente automazione degli impianti ed una sempre maggiore filosofia della prefabbricazione. Senza fare violenza al materiale legno e senza snaturarlo è quindi possibile produrre travature nelle dimensioni e forme volute, tali da rendere agevole ed economica la realizzazione dei più svariati sistemi statici.
 


REALIZZAZIONI

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